Intervista a Massimo Dalla Mora
...continua da pag. 10 di Portogruaro.Net Magazine
Raccontaci, se puoi, un episodio bello e uno meno bello che ti sono capitati durante la tua vita legata alla danza a Milano.
Di episodi belli ne custodisco moltissimi nel mio cuore tanto che potrei scrivere un libro!!! Dai vari traguardi in scuola di ballo, le prime realizzazioni, i primi applausi, i ruoli sempre più importanti, tutto ciò che è stato ricompensato dopo molti sacrifici, ma sicuramente quello più bello è legato al ruolo di Paride in Romeo e Giulietta ballando accanto ad Alina Cojocaru etoile del Royal Ballet di Londra: un’esperienza indimenticabile sia nella preparazione ( solo tre giorni di prove ) che durante gli spettacoli quando la vidi piangere veramente nella tragica scena del terzo atto prima della sua morte. Un’artista unica che unisce umiltà, duro lavoro quotidiano e tanta tanta passione in tutto ciò che fa; poi la mia prima volta sul palcoscenico della Scala, le luci, la musica, il sipario…non me la dimenticherò mai, avevo 11 anni e partecipavo allo spettacolo “Lo Schiaccianoci”, facevo parte di uno dei bambini invitati alla festa di Natale; durante le prove era presente il grande Nurejev e ricordo che mi mise una mano sulla spalla per mettermi nella posizione giusta, ora a distanza di molti anni mi emoziono ancora al pensiero.
Come per tutte le cose c’è sempre il rovescio della medaglia e quindi anche molti momenti di sconforto, tensione emotiva e dolori fisici che molte volte dovevano essere celati, perché in scena si deve andare comunque e ballare sempre al meglio, ma la mia forza d’animo, in molte occasioni, mi ha aiutato in questo per fortuna; più che un episodio direi che un triste momento è stata la scomparsa di uno dei più grandi maestri di danza: Gabriel Popescu, che fu a suo tempo anche il maestro di Carla Fracci, Jorge Jancu e di moltissimi ballerini noti. Ricordo quei mesi in cui mi preparò per il concorso per la stabilità alla Scala che mi avrebbe permesso di rientrare in Italia dopo tre anni allo Stuttgart Ballet come ballerino professionista. Pomeriggi e serate in sala ballo a svolgere esercizi pesantissimi e a provare una variazione anche sette volte di fila e tutto dopo una giornata lavorativa cominciata alle 10 del mattino. Lui mi trasmetteva grande fiducia ed energia perché credeva in me e nelle mie qualità anche se l’impresa era ardua visto che un posto da stabile alla Scala era molto difficile da raggiungere, ma alla fine, grazie a lui, un altro sogno si è avverato, un anno dopo si spense e soffrii molto.
Oggi fai parte del corpo di ballo della “Scala”. Ti senti realizzato? Vorresti puntare ancora più in alto?
Purtroppo nella danza “non si finisce mai d’imparare” e questa è una frase che uno deve sempre tenere a mente, perché questa disciplina richiede un continuo miglioramento e perfezionamento associato ad una buona alimentazione, questo per dire che le ballerine/i non possono vivere di sola insalata e jogurt come fanno alcune e attraverso una continua attività fisica anche durante i momenti liberi sacrificando a volte il giorno di riposo.
Certamente sono fiero della mia carriera e sono il tipo di persona che raggiunto un obiettivo se ne crea un altro, perciò intanto penso a ballare finché il fisico me lo consente, ma in futuro mi piacerebbe comunque restare nell’ambito dell’arte sia a livello di insegnamento e magari anche di organizzazione di eventi culturali, ma chissà, tempo al tempo e poi è bello anche farsi sorprendere da ciò che la vita offre!
Per te, oggi, la danza è più “lavoro” o “passione”?
Chi intraprende questa carriera lo fa sicuramente per amore verso la danza visti i grandi sacrifici e l’impegno che questa disciplina richiede, ma nel mio caso specifico è sempre unicamente passione, anche quando la prestazione viene ripagata con un compenso; mi è capitato pure di esibirmi davanti a ragazzi delle scuole elementari per trasmettere l’armonia, la bellezza racchiusa dietro un passo a due, davanti a giovani ragazzi di un gruppo internazionale per spiegare l’analogia tra fede nella religione e passione per la danza, ho partecipato ad un progetto di lotta contro l’alcolismo e la droga organizzato dal Ministero della Salute attraverso uno spettacolo di danza, ma in tutte queste situazioni, ho messo davanti il cuore e la mia passione a servizio degli altri.
Insomma è difficile pensare alla danza come ad un lavoro ma per qualcuno lo diventa nel momento in cui viene a mancare la fiducia nelle proprie potenzialità o l’obiettivo stesso. Purtroppo come in tutti gli ambiti ci sono situazioni che alimentano malcontento e senza una grande forza interiore si rischia di affondare.
Ci racconti la tua giornata “tipo” lavorativa?
Innanzitutto la sveglia suona alle ore 8, qualcuno penserà:”beato lui!” invece no, molte volte la sera prima ho avuto spettacolo e purtroppo l’adrenalina non mi permette di addormentarmi subito e così capita che vado a letto anche all’una di notte fra stanchezza e dolori muscolari. Comunque al mattino dopo un’abbondante colazione riprendo in fretta fisicamente. Alle 10 comincia la lezione di riscaldamento che dura un’ora e mezza e che comprende esercizi alla sbarra dai più semplici a quelli più complessi, poi si passa in centro cioè senza l’ausilio della sbarra dove si abbinano passi di danza e di movimento per prendere confidenza con il pavimento; l’ultima fase è quella legata ad esercizi di elevazione e di tecnica maschile per gli uomini e di quella femminile con le punte per le donne determinando così una preparazione differenziata. Dopo 10 minuti di pausa cominciano le prove dove si impara la coreografia di un balletto tramite un maitre esterno che mostra i passi e li mette in musica, perché per essere in sincronia fra noi ballerini dobbiamo conoscere anche i conteggi relativi ad ogni passo. Molte volte si imparano anche danze che non fanno parte della tradizione classica come quelle di carattere (mazurka, czardas, danza spagnola) e queste richiedono un po’ più di tempo, ma in generale un balletto viene preparato in un mese partendo dalle prove in sala, poi si passa sul palcoscenico, si unisce successivamente l’orchestra e un paio di prove in costume fino ad arrivare alla “prima”. La giornata di lavoro prevede 45 minuti di pausa per il pranzo e altre tre ore di prova al pomeriggio finendo alle 17.30. In caso di spettacolo il pomeriggio resta libero per riposare e per dedicare il tempo alla preparazione che a volte comincia anche 2 ore prima dello stesso.
Infine, parliamo di danza in generale. Credi che oggi in Italia ci sia abbastanza attenzione a riguardo (soprattutto dal punto di vista dei finanziamenti statali)?
Cosa consiglieresti a un giovane o a una giovane che sogna di fare la ballerina o il ballerino? Gli diresti di rinunciare oppure di inseguire a tutti i costi il suo sogno?
Il finanziamento alla cultura non è mai abbastanza, come quello alla ricerca scientifica o alla sanità, sono tutti campi che richiedono una continua presenza da parte dello Stato e spesso da parte dei privati, è come un fuoco che deve essere costantemente alimentato altrimenti muore. Il Teatro alla Scala è simbolo di grande orgoglio e di eccellenza italiana, infatti quando ci capita di girare il mondo con le tourneé, siamo acclamati e applauditi ovunque, ma la stessa attenzione non viene ricambiata dallo Stato che attraverso il taglio del FUS (fondo unico dello spettacolo) porta a ridurre gli investimenti per il futuro del teatro stesso. La Scala gode ancora di una parte di fondi che arrivano da privati, ultimamente c’è stato l’ingresso dell’imprenditore Della Valle nel consiglio d’amministrazione e ciò ha consentito alla Scala di chiudere la stagione in positivo, ma purtroppo in Italia ci sono molte realtà anche minori che rischiano di scomparire. L’arte è di tutti ed è un bene inestimabile e poi la nostra storia ci ricorda che molti dei grandi artisti come poeti, musicisti, cantanti e ballerini sono italiani (Roberto Bolle è un grande esempio di talento e umiltà), perciò bisogna assicurare un futuro anche alle giovani promesse attraverso una buona scuola che li formi fino a diventare dei validi professionisti. Bisogna dare loro fiducia e insegnare che per ottenere buoni risultati ci vuole molto lavoro, impegno e sacrificio. Ecco perché è giusto sviluppare la propria passione e puntare all’obiettivo, certo le difficoltà sono sempre dietro l’angolo, ma sono quelle che ci aiutano a crescere e a maturare. La danza è prima di tutto gioia che si fonde con la musica e il movimento, perciò, giovani coltivate il vostro sogno e spero che la mia storia vi possa aver dato uno stimolo in più!
di Giulio Serra