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Annotazioni
Tre possibili itinerari estivi
20-09-2011: In un caldo pomeriggio in città

Nei commenti sulle previsioni del tempo, quasi sempre il compiaciuto speaker informa che milioni e milioni di italiani sono diretti, i più al mare,  i rimanenti in montagna. Ma quanti sono gli italiani  che sono costretti a “godersi” la calura a casa? Molti milioni di più di quelli partiti , anche se dal tono trionfale dei dicitori del tempo sembrerebbe che tutte o quasi le abitazioni d’estate siano chiuse a doppia mandata e i loro proprietari o affittuari  distesi in panciolle in una spiaggia nostrana o esotica e  altri – più ascetici – impegnati in qualche sentiero impervio delle nostre montagne.

Personalmente mi avvierei  nella verde Carnia dagli spazi collinari ancora falciati dai vecchi che ogni tanto si fermano ad arrotare con la cote il “falsin”.
Ricordo Timau ancora con un tratto di strada romana verso Passo Santa Croce; Paluzza ricca di atleti; e ancora Arta dove in un piccolo cimitero, attorno a una sobria chiesetta del Trecento, puoi scorgere lapidi di vite lontane con date che vanno fino al Seicento. Mia moglie preferiva visitare i negozi.

Ho transitato a fatica – in macchina – sul Monte Rest, ancora spauracchio dei ciclisti anche se confortati dagli “intrugli” moderni; sono arrivato ad Ampezzo e Ovaro. A Ravascletto pure in luglio è appagante stare su di notte in sala da pranzo a vedere le faville salire dai tronchi di pino che bruciano in un ampio focolare. Andando a Sauris, quello del prosciutto affumicato, si possono ammirare paesaggi, torrenti, anche un lago artificiale, chiesette e isolate abitazioni con legna accatastata fin quasi sulla porta di casa. Molti portogruaresi d’estate rimangono in città, naturalmente anch’io.  Prosaica questione di soldi che non consentono  programmi  per ferie marine o montane.

Sono andato in montagna per la prima volta nel 1947. Avevo tredici anni e dovevo raggiungere Erto (775 metri sul livello del mare), per raggiungere mio fratello Luciano – 15 anni – che si trovava in vacanza dal parroco di Erto, don Natale Quattrin . Il sacerdote più tardi fu parroco a Summaga di Portogruaro. Amante della montagna morì tragicamente mentre scalava il Monte Cavallo, al limite estremo della provincia di Pordenone.
In bicicletta arrivai al Seminario di Pordenone verso le due del pomeriggio. Salii sulla cabina di un vecchio “Dodge”, stretto in mezzo tra il guidatore e un’altra persona. Il camion trasportava merci per i bambini di due colonie a Barcis e a Cimolais. Il Dodge a Montereale imboccò una strada sterrata che costeggia il torrente Cellina; cominciò a piovere e poi a diluviare. Pauroso il percorso: a sinistra il Cellina il cui ruggito a volte superava il rumore del motore; tratti di strada su strapiombi senza riparo, curve continue, gallerie oscure, rocce sporgenti sopra la nostra testa, e continui lampi e fulmini.
Spaventato certamente, ma anche gioiosamente emozionato per questa immersione nella natura, scatenata in alto e in basso. Rifeci ancora quella strada, ma senza l’emozionante stravolgimento della prima volta. Dopo due fermate a Barcis e a Cimolais il camion costeggia il lago del Vaiont,  il protagonista “volontario” – secondo molte testimonianze – di una terribile tragedia. Finalmente a Erto, nella canonica di don Quattrin a narrare al  fratello Luciano il mio viaggio avventuroso.

Dopo il lungo preambolo le proposte estive casalinghe; tre itinerari. Il primo riguarda i tre mila metri quadrati del verde parco di fresca verzura, dietro l’ex Palazzo Marzotto, oggi Villa comunale, malamente utilizzata. Alberi, fontane, panchine in pietra lungo i percorsi pedonali, spazi per recuperare alcuni giochi per bambini esistenti ai tempi dei Marzotto. Marciapiedi che collegano le varie zone e che si estendono per circa 400 metri. Per quanto riguarda la flora nel parco coesistono 66 specie diverse e ogni albero una targhetta che lo definisce, a cura del WWF. Servizi e dissetanti in un accogliente locale in un lato del prato. Chi ha voglia può visitare il museo paleontologico “Gortani” in Villa comunale. Contiene antichissimi reperti fossili delle Alpi Orientali.

Il secondo itinerario l’ottocentesca sede del “Museo Nazionale Concordiese” in Via Seminario, il più importante dell’Italia settentrionale per resti archeologici romani. I nostri provengono tutti dalla vicina Julia Concordia. Se siete curiosi potete ammirare alcune delle 260 monete romane d’argento di tre e di un secolo a. C.  le uniche rimaste di un’anfora che ne conteneva 6.500 – 7.000, quasi tutte finite nel mercato numismatico straniero. L’anfora era stata trovata in un magazzino di Marzotto a Villanova nel 1968  da due operai di una ditta del Veneto Orientale, mentre effettuavano uno scavo. Naturalmente nel Museo ci sono statue, utensili, oggetti di toilette e molto altro ancora. Per tornare in centro si può usare un attrezzato sentiero artistico, che costeggia il fiume Lemene  fino ai Mulini che ancora prima del Trecento, erano di proprietà del Vescovo.

Terzo itinerario: le due chiese trecentesche di Borgo San Giovanni e di Borgo Sant’Agnese. A San Giovanni  una statua della Madonna dalle sette spade. E poi affreschi, altre statue, quadri; c’è anche un vecchio organo a corda. La chiesa era collegata con l’adiacente ospedale “San Tommaso dei battuti”, il più antico dei quattro di cui era dotata la città. E’ stato eliminato un ballatoio dal quale le suore dell’ospedale potevano seguire le funzioni. Bellissima la chiesa di Sant’Agnese, con accanto un Oratorio con interessanti testimonianze artistiche. In Chiesa una “Pietà” considerata opera di valore. Una porticina porta in un corridoio in penombra sulle cui pareti sono state fissate numerose lapidi in marmo, che un tempo coprivano tombe di nobili. Costoro avevano il privilegio di essere sepolti nelle chiese. E poi un collegamento anche con l’annessa Villa Martinelli, veneziana di età lontana: da vedere, respirando un’atmosfera diversa, rarefatta, antica.

Ugo Padovese


(immagini di Fotoreporter - Portogruaro)

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