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La cultura è nelle idee
La tratta dei migranti a Nordest
08-05-2017

Tardi, ma ce ne siamo accorti. E per farlo abbiamo dovuto sacrificare la vita (l’ennesima) di un povero ragazzo innocente. La tratta dei migranti è questione nostra, lo scorso 6 aprile ce ne siamo accorti tutti. Come? Con gli strilloni dei giornali locali che raccontavano della vita spezzata di un giovane profugo trovato morto all’interno di un vagone carico di mais. Destinazione: Portogruaro. La rotta parte solitamente dal nord Africa; dalla Libia, soprattutto. Si snoda poi dalla Turchia alla Serbia. Da qui corre lungo la dorsale dell’ex Jugoslavia: Croazia e Slovenia. Infine supera la catena carsica ed entra in Italia, da Trieste all’ultima tappa: Portogruaro, appunto. Una rotta tutt’altro che nuova, almeno nell’ultimo tratto di strada.

Dalla A alla K

Sono gli anni Novanta. L’ex Jugoslavia è terra di guerra e morte. Una guerra tra consanguinei che a distanza di oltre vent’anni lascia ancora intatte le cicatrici dello scontro. La fine delle ostilità (o meglio: delle atrocità) arriva il 21 novembre 1995 con la firma degli accordi di Dayton. La guerra finisce e sul campo di battaglia arrivano gli avvoltoi. Il piatto è grande, la torta da spartire abbondante, gli affari del mercato nero sono all’ordine del giorno. Il menu è ricchissimo, il vocabolario pure: si va dalla A di armi alla B di banconote, passando per la P di prostituzione fino alla K di kalashnikov. Un mercato in continuo fermento capace di attirare i cartelli mafiosi di tutta Europa, a partire da quelli “made in Italy”, cosa nostra e ‘ndrangheta su tutti. E quale rotta fanno? Esattamente quella del povero ragazzo trovato morto il 6 aprile scorso: Serbia, Croazia, Slovenia, Trieste, e da lì lungo le direttrici del nord (Mestre-Padova-Verona-Milano-Torino) e del centro-sud (Mestre-Bologna-Roma-Napoli).

Solo l’ultimo della lista
Il ragazzo si era nascosto nel convoglio. Davanti a sé aveva cinque giorni di viaggio e un futuro tutto da scrivere. Un’odissea priva di certezze, insomma. L’alternativa? Probabilmente un’incognita ancora più grande. Il giovane è stato trovato senza vita e già in stato di decomposizione. Asfissia, la causa; con ogni probabilità provocata dalle esalazioni del cereale in fermentazione di cui il vagone del treno era riempito. Su quello stesso convoglio un altro migrante è stato trovato in condizioni disperate, ma vivo. Entrambi giovanissimi: uno ce l’ha fatta, l’altro no. Ma il giovane deceduto è soltanto l’ultimo della lista. Spesso i migranti si agganciano sotto ai mezzi pesanti passando così la frontiera, con la schiena sull’asfalto. Molti ce la fanno, altri no. È il caso di Zaher Rezai, ucciso dalle ruote di un camion, a Mestre, nel 2008. Numerose altre volte sono i treni i mezzi di trasporto prescelti per buttare in gioco la propria vita, cacciandosi alle spalle un passato da dimenticare. “Trenta i migranti che, in un mese, hanno provato a raggiungere Portogruaro nascosti nei vagoni merci” (Il Gazzettino, 6 aprile 2017). Il 26 febbraio sono stati ben tredici i migranti scoperti in uno di quei carichi di mais. Sette giorni dopo altri tre.

Conoscere per risolvere

Quali possono essere le azioni da mettere in campo per tentare perlomeno di tamponare questa emorragia? La ricetta perfetta, ovviamente, non esiste ma la soluzione di questo e di tutti i problemi passa anzitutto per la conoscenza del problema stesso. Troppo spesso, infatti, nel silenzio generale si intessono trame oscure che poi, una volta svelate e messe “in piazza”, perdono di consistenza, sgonfiandosi fino a scomparire. La rotta balcanica è una (triste) realtà da molti anni eppure pochissimi di noi ne conoscono la pericolosità e le dinamiche di illegalità che la governano. O forse dovrei usare il passato, perché quel giovane migrante morto di asfissia in un vagone di cereali ci ha di colpo aperto gli occhi, facendoci scoprire un pezzetto in più di realtà. E già questo, già la conoscenza del problema, potrebbe servire (me lo auguro di cuore) a rendere un briciolo meno vana e dare un po’ di giustizia a una morte così dannatamente assurda.

(tratto da Portogruaro.Net Magazine maggio/giugno)

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